Francine Christophe Non sono passata per il camino
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27 gennaio Giorno della memoria
Nel 1967 Francine mette mano alla penna e in poche settimane compone questo libro come una serie di fotografie, ma solo fotografie dai contorni definiti, dove, dunque non si riempiono vuoti, né si arricchiscono i contorni, poiché questa non è una operazione letteraria , sebbene sia scritta magistralmente. “Dall’età di 12 anni annotavo i miei ricordi, man mano che emergevano da quel deserto spirituale nel quale mi aveva fatto precipitare la sofferenza, pensando fin da quell’epoca che bisognasse rendere testimonianza”. Questo è il prologo per la storia, per questo racconto dedicato ad una serie di persone “E a tutti quelli che ci hanno aiutati, e anche semplicemente compianti”, rivolto pertanto a quanti hanno saputo mantenere vivo il senso umano, seppure nell’incapacità di agire. Si definisce, Francine, una ragazzina privilegiata,invece siamo noi che la leggiamo i veri privilegiati, noi tutti presenti e passati che sull’onda di testimonianze come la sua abbiano affinato il nostro sentire umano, anche quando non siamo stati bravi a metterlo a frutto.
Tre sono
le fasi
di
questa
tragedia.
La prima
inizia a
Deauville
nell’
agosto
’39,
estate
di baci
soffocati
e
abbracci
disperati
alla
stazione.
La
bambina
compie
sei anni
mentre
una
radio
continua
a
gridare
di fogli
rosa e
blu..
Inizia
così la
destrutturazione
di una
infanzia
agiata,
di una
bambina
amata.
Inizia
col suo
kep“, la
cartella
in una
mano e
nell’altra
la
maschera
antigas,
da Nizza
a Parigi
.
Contemporaneamente
inizia
anche la
parte
costruens,
ossia la
sua
ebraicità.
Cosa
significa
essere
ebreo?
“Non ne
capisco
bene il
senso e
riprecipito
nell’era
dei
perché”.
Tutti i
commercianti
ebrei
debbono
affiggere
sulla
vetrina
la
scritta
ebreo.
“Ma di
comune
accordo
, oltre
alla
scritta
obbligatoria
di
ebreo,
su ogni
vetrina
fioriscono
le
onorificenze
e si
annotano
le
imprese
militari
di ogni
famiglia”
“La
mamma
dice che
poiché
siamo
ebrei
non
possiamo
uscire
dopo le
venti ,
non
abbiamo
più il
diritto
di
viaggiare,
non
abbiamo
più il
diritto
di
lavorare,
possiamo
fare la
spesa
solo
all’ora
di
chiusura
dei
negozi”
“ Quando
ci si
chiama
Christophe
si ha
ben
diritto
a non
essere
denunciati
come
ebrei,
ma la
mamma è
rispettosa
delle
leggi”.
Che
significa
essere
ebrei?
Che
tutti ti
guardano
e
sebbene
la mamma
sostenga
che
bisogna
tenere
la
schiena
ancora
più
dritta,
Francine
comincia
a
percepire
di
essere
un
mostro.
Con la
schiena
dritta,
ma
mostro
che
porta
stampigliato
sul
petto la
propria
mostruosità,
insieme
alla
paura.
Una
doppia
atrocità
quella
di
essere
privati
del
senso
vero
della
propria
identità.
Posto di
blocco:
aspettate,
passate,
aspettate,
poi un
“guardatela
vostra
figlia
perché
se non
confessate,
vi verrà
portata
via, e
Marcelle,
la
coraggiosa
affascinante
madre,
confessa
“Si sono
ebrea”.
Che
sollievo!
La mamma
intende
dire:
sono ora
in
prigione
, ma
tanto
meglio
alla
fine non
dovranno
più
nascondersi,
né
camminare
rasente
i muri,
avere
paura di
capire
ciò che
succede
ora.
Eppure
nel
campo
fra
ebrei
quella
identità
che le
ha
condotte
fin li“
viene
messa in
discussione,
specialmente
con le
polacche.
Tu parli
yiddish
? No?
Allora
tu non
sei
ebrea.
La
seconda
parte è
il
“lasciate
ogni
speranza
voi che
entrate”:
i
‘mostri’
in campi
di
concentramento
dove
l’identità
va
insieme
esaltata
e
gassificata
, dove
la
speranza
non può
e non
deve
abitare.
“O
rendetemi
la speme
o
lasciatemi
morir”,
cos“
supplica
nei
Puritani
Maria
Callas,
ed è
grosso
modo
questo
lo stato
dei
deportati.
Il 18
agosto
1940
Francine
compie
sette
anni. Il
padre,
ufficiale
fatto
prigioniero
nella
ritirata
dell’Amiens,
è
rinchiuso
nel Gran
seminario
di Laval
,
gremito
di 6000
ufficiali
per 150
posti,
ma ecco
che i
prigionieri
lasciano
Laval
per i
campo.
Lei non
capisce
cosa sia
il
campo,
non
riesce a
localizzare
la
Germania
ma sa
che è la
guerra.
“Dio
come
sono
piccola”,
penserà,
ma solo
una
volta,
perche
il campo
nega
l’infanzia
proprio
nella
esaltazione
di
baracche
infestate
dai
pidocchi
e dai
topi
(uno le
passa
sulla
faccia
una
notte),
di water
formicolanti
di vermi
bianchi,
di larve
umane
che
svengono
vomitano
o
defecano.
“Drancy
l’inferno,
Drancy
la
folla,
Drancy
il
rumore,
Drancy i
pidocchi,
Drancy
la
brutalità.
dormiamo
su
materassi
di piuma
strappati
macchiati
di
sangue e
di
escrementi
” Due o
tre
settimane
al campo
di
Pithiviers,
poi al
campo di
Beaune
la
Rolande
, poi
Bergen
Belsen.
E’
difficile
mantenere
la
propria
umanità,
eppure è
l’unica
strada
ed è
quella
indicata
dalla
madre,
Marcelle
. “Il
filo
spinato,
le torri
di
guardia,
sì, ma
io vedo
i meli
dall’altra
parte”.
“Una
coppia
di
fidanzati
si è
tagliata
le vene
e si è
gettata
dalla
finestra
del
terzo
piano” ;
“aspetto
la
zuppa,
aspetto
l’ora di
andare a
dormire”
Appelli,
zuppe,
pidocchi
dissenterie,
trasporto
frettoloso
di
cadaveri.
Le
ss
si
divertono
con
stupidi
scherzetti,
davanti
al
processo
di
disumanizzazione
fisico
morale
psichico
dei
detenuti:
“ una
volta le
ss
ci
lasciano
prendere
patate
in un
campo.
Lupi
siamo
diventati
lupi. Ci
picchiamo
con gli
albanesi
i greci
gli
olandesi
”.
L’inizio
della
liberazione
coincide
con la
diminuzione
delle
razioni.
“Aspetterò
la
liberazione,
ma
esiste
una
liberazione?”
Inizia
così il
terzo
tempo :
arrivano
i russi
,
qualcuno
muore
per
l’emozione
.
Francine
per la
prima
volta
confida
di aver
pensato
a quella
probabilità
“Oh mia
liberazione
come ti
immaginavo
meravigliosa”,
gioiosa,
felice,
Ma non
così
difficile,
così
complicata,
per
adulti.
Una
liberazione
incapace,
impossibilitata
a far
ricombaciare
le
identità
perdute,
una
ferita
purulenta,
aperta:
“Non
sono più
del
vostro
mondo,
sono di
un mondo
a parte,
sono del
mondo
dei
campi .
ogni
deportato
non è
mai
veramente
tornato
dai
campi”
Avere 12
anni ,
non
essere
passata
per il
camino,
non
essere
veramente
morta e
non
essere
veramente
viva. La
Christophe
è oggi
in
Italia,
verrà
ricevuta
dal
Presidente
della
Repubblica,
dal
Sindaco
di Roma,
vogliamo
tutti
dire
grazie a
questa
straordinaria
testimonianza
, alla
bambina
di
allora e
alla
donna di
oggi che
chiude
le
proprie
memorie
, con un
invito
rivolto
all’umanità
“In
fondo
essere
ebrea
significa
questo
possedere
una
comunità
di
sofferenza
e
praticare
il
rifiuto
dell’odio”.
Graziella
Falconi
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(Le privilège de Francine, di Manuela Vasconi, Museo del Memoriale di Bergen)
Sangue di
primavera
frantoio di
stagioni
e di sogni
tu sei come una
terra
che nessuno ha
mai detto
sei la vigna
sei venuta dal
mare
di salmastro e
di terra
è il tuo sguardo
cosa ignota e
selvaggia
cogli come la
terra
gli urti e ne
fai vita
ogni volta
rivivi
come una cosa
antica
hai un sangue un
respiro
il tuo tenero
corpo
una zolla nel
sole
sei radice
feroce
sei la terra che
aspetta
sangue di
primavera
il tuo passo
leggero
ha violato la
terra
ora ha una voce
e un sangue
ogni cosa che
vive
ora il cielo e
la terra
sono un brivido
forte
sopra la terra
nuda
sei passata
leggera
come rondine o
nube
e il torrente
del cuore
si è ridestato e
irrompe
stella sperduta
nella luce
dell’alba
è il mattino è
l’aurora
un acceso
silenzio
brucerà la
campagna
come i falò la
sera.
( da “ Verrà la
morte e avrà i
tuoi occhi” di
Cesare Pavese)
Parole di
Cesare,
riespresse in
ordine
straniero, che
hanno suggerito
immagini colori
segni del
rapporto
mitopoietico di
Pavese con la
terra la donna
la vita e quindi
polo positivo
rispetto al suo
vizio assurdo,
alla sua
vocazione
ineluttabile
alla solitudine
e alla morte.
Ma io ho sentito
voluto scelto di
dare voce colore
alla forza del
mito che
risveglia feroce
sangue di
primavera .
Manuela Vasconi
"S.Antonio vince il demonio"
"S.Antonio vince il demonio"- tra mito sacralità
rito
tradizione
festa e
memoria
omaggio
ai
Monelli
della
Motta e
al
Gruppo
folcloristico
bosino
in
occasione
della
prossima
festa.
Spero
possa
essere
pubblicata.
Lascio
alla
sensibilità
degli
esperti
la
lettura
artistica.
Io per
me
volevo
unire la
memoria
infantile
a quella
più
meditata
della
conoscenza
storica
della
vita del
Santo e
del
valore
antropologico
della
Festa
religiosa
popolare
nella
lotta
contro
le
tentazioni
del male
che solo
la
leggerezza
del
Santo
con la
sua
campanella
può
soffocare.
Ho
voluto
anche
rendere
omaggio
a
Contatti:
manuelavasconi2002@yahoo.it
telef.
0332
890240 |